L’assassinio dello scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh, avvenuto lo scorso 27 novembre, ha riaperto una ferita legata a episodi simili avvenuti circa dieci anni fa, in particolare durante il secondo mandato del presidente conservatore Mahmud Ahmadinejad (2009-2013). Anche in quel periodo, infatti, gli scienziati iraniani sono stati i primi a pagare con la loro vita le tensioni internazionali legate al programma nucleare di Teheran. Molti di loro sono stati presi di mira e assassinati perché avevano legami con lo sviluppo della tecnologia nucleare.
Nel 2010 una bomba telecomandata, installata su una motocicletta, uccise la prima vittima, Massoud Ali Mohammadi, professore di fisica, nei pressi della sua casa a nord di Teheran. Le indagini accusarono gli Stati Uniti e Israele dell’attacco, nonostante i due paesi avessero negato qualsiasi coinvolgimento nell’omicidio dello scienziato. L’incertezza sulla morte di Mohammadi aumentò quando il portavoce dell’Agenzia nucleare iraniana, Ali Shirzadian, dichiarò alle agenzie di stampa che “Mohammadi non aveva alcun legame con l’agenzia responsabile del programma nucleare iraniano”.
Tra il 2010 e il 2012 diversi scienziati iraniani sono stati assassinati in una serie di attacchi all’interno del paese. Questi attacchi avevano un obiettivo evidente: quello di bloccare lo sviluppo del programma nucleare di Teheran attraverso l’eliminazione degli scienziati iraniani esperti in questo settore. Le autorità iraniane hanno costantemente attribuito la responsabilità degli assassinii agli Stati Uniti e, in maniera ancora più marcata, a Israele, che sono stati accusati di aver istituito un programma di spionaggio sulle attività del programma nucleare in Iran, per poi passare ad assassinarne gli scienziati coinvolti. Accuse che i due paesi hanno costantemente negato.
Il sito ufficiale del “leader supremo” iraniano – l’ayatollah Ali Khamenei – ha pubblicato Dieci frasi del Leader della Rivoluzione sui “martiri dello scienziato nucleare”, in cui Khamenei stesso ha condannato gli attacchi, dichiarando che “gli atroci crimini di coloro che cercano di sopprimere la crescita scientifica della nazione iraniana sono stati smascherati […] Il martirio di questi eminenti scienziati”, continua la dichiarazione di Khamenei, “ha onorato la nazione iraniana, la rivoluzione islamica e la comunità scientifica”. In precedenza, il leader aveva affermato che “con i loro risultati, i giovani scienziati iraniani hanno garantito il futuro e l’approvvigionamento energetico a lungo termine per la nazione, e tali progressi non devono essere persi a nessun costo”.
Durante la presidenza del moderato Hassan Rouhani, in carica dal 2013, non si sono verificati altri attentati del genere. Si può dunque sostenere che il cambio di toni e i negoziati tra l’Iran e il gruppo dei 5+1 che hanno portato all’accordo sul nucleare iraniano (il Joint Comprehensive Plan of Action, o Jcpoa) del 2015, abbiano contribuito a una stabilizzazione – per quanto parziale e momentanea – della situazione di sicurezza politica ed economica iraniana.
Una stabilità che tuttavia è stata costantemente minata negli ultimi quattro anni dall’amministrazione USA guidata da Donald Trump, che nel 2018 ha anche ritirato gli Stati Uniti dal Jcpoa. Inoltre, nel 2018, in relazione a un’azone di spionaggio da parte di Israele sul programma nucleare iraniano, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva invitato a “non dimenticare il nome dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh”, mostrando i documenti rubati all’Agenzia nucleare iraniana. Netanyahu aveva anche sostenuto che l’accordo nucleare era “stato costruito sulle bugie”, nonostante le conferme da parte del Direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Yukiya Amano che l’Iran stesse attuando i suoi impegni relativi al nucleare nell’ambito del Jcpoa.
In sintesi, gli ultimi quattro anni sono stati come un incubo per il popolo iraniano, caratterizzati dalla forte instabilità politica ed economica del paese. La prospettiva di un nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha indotto molti iraniani a sperare in un miglioramento della situazione. In tutto ciò, tuttavia, il caso dell’assassinio dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh nella regione Absard, Damavand, vicino a Teheran, lo scorso novembre (proprio pochi giorni dopo le elezioni presidenziali americane) ha riaperto le tensioni e i dibattiti tra i politici iraniani sulle future prospettive di dialogo con gli USA.
L’omicidio dello scienziato, che era anche il capo dell’Organizzazione per la ricerca e l’innovazione del ministero della Difesa iraniano, ha portato diverse reazioni all’interno del paese. Fakhrizadeh era noto come il “padre” del programma nucleare iraniano. La sua uccisione viene spesso collegata all’assassinio del generale Qassem Soeimani, avvenuto all’inizio dell’anno. In un’intervista dell’agenzia di stampa Mehr con la famiglia dello scienziato, i figli hanno confermato che non era la prima volta che attaccavano il padre, che era contro l’accordo sul nucleare del 2015. Le reazioni interne, in seguito alla morte di Fakhrizadeh, si sono diffuse in diverse città dell’Iran, il che ha confermato la sua posizione e il suo importante ruolo nell’industria della difesa iraniana.
Un gruppo di oppositori ai negoziati con gli Stati Uniti, contrari in particolare all’accordo sul nucleare iraniano, si è riunito di fronte al Palazzo presidenziale, cantando “guerra” e chiedendo inoltre l’espulsione degli ispettori dell’Aiea dall’Iran. Hossein Salami, comandante in capo delle Guardie rivoluzionarie, ha promesso vendetta nei confronti del “regime sionista”. Salami ha inoltre dichiarato che, come emerge dalla storia recente, “abbiamo dimostrato che non lasciamo nessuna azione senza risposta o vendetta”, e ha osservato via Twitter che “l’assassinio di scienziati nucleari è lo scontro violento più evidente del sistema di dominio per impedirci di ottenere l’accesso alla scienza moderna”.
D’altra parte, alcuni critici, come Hossein Alaei, ex comandante del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, hanno denunciato la “debolezza” del sistema di sicurezza iraniano e si sono lamentati della capacità di azione di Israele in Iran. Prevedendo altre azioni di sabotaggio del programma nucleare iraniano, Alaei ha dichiarato che “Resta da vedere quale debolezza ci sia nella struttura e nei meccanismi dell’apparato di sicurezza iraniano,” che nonostante gli sforzi non è riuscito a garantire protezione a personaggi come Fakhrizadeh. “Il metodo di assassinio del capo dell’Organizzazione per la ricerca e l’innovazione del ministero della Difesa,” ha sostenuto Alaei, “indica che la struttura operativa israeliana in Iran è molto ben attrezzata e avanzata e si basa su informazioni accurate”. Anche Mohammad Javad Zarif, il ministro degli Esteri iraniano, nel suo account Twitter ha parlato del ruolo di Israele nell’assassinio dello scienziato.
Mohammad Bagheri, capo dello Stato maggiore delle Forze armate iraniane, ha dichiarato che “la vendetta del martire nel campo della scienza e della conoscenza” sarà attuata “al momento e nel luogo giusto, secondo la logica operativa del Fronte della rivoluzione islamica”. Nella riunione del Consiglio supremo degli ufficiali giudiziari, Ali Bagheri, ha detto che “gli occidentali, in particolare i governi europei, sono rimasti in silenzio sull’assassinio del martire Mohsen Fakhrizadeh”. Ali Bagheri ha anche sostenuto che “gli occidentali” – riferendosi tanto agli americani quanto agli europei – “si schierano contro la giustizia; sia nel caso della Palestina, sia nel caso dello Yemen, o in relazione alla nazione iraniana”.
A quasi due settimane dall’attentato contro lo scienziato, l’ayatollah Khamenei ha conferito il prestigioso riconoscimento di “Nasr” di primo grado a Fakhrizadeh. Il premio è stato consegnato alla famiglia dello scienziato dal generale Mohammad Bagheri, che ha elogiato la gestione del programma nucleare iraniano da parte di Fakhrizadeh, e il contributo dei ricercatori e degli scienziati alle forze armate e in generale al settore della difesa e della sicurezza iraniano. Durante l’incontro, la moglie di Fakhrizadeh ha espresso solo una richiesta: che vengano seguiti l’esempio e gli obiettivi del marito.
La profondità delle contraddizioni nelle narrazioni ufficiali e le accuse reciproche fra i diversi organi di sicurezza iraniani, nonché la mancanza di protocolli di protezione e sicurezza nei confronti delle figure a rischio, ha destato forti incertezze e dubbi sulle cause della scomparsa dello scienziato. Fino ad ora nessuno si è preso la responsabilità dell’assassinio di Fakhrizadeh. Neanche Israele ha confermato o negato il coinvolgimento nell’operazione.
Shirin Zakeri
[…] regione centrale di Sharon, nell’aprile dello stesso anno. Va ricordato anche il caso di Mohsen Fakhrizadeh, capo del programma nucleare iraniano, assassinato il 27 novembre 2020 ad Absard con una pistola […]
[…] Nonostante la mancanza di rivendicazioni ufficiali, l’assassinio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh (occorso pochi giorni dopo l’incontro trilaterale) sembrerebbe quindi come un’azione […]